Le case dei fantasmi

Le case dei fantasmi

giovedì 6 agosto 2015

Lucedio





Lucedio non è un’abbazia come tutte le altre: che i boschi profondi e gli alti picchi rocciosi fossero luoghi classici dove ambientare storie di spettri e di misteri irrisolti lo si sapeva già; strano appare sapere che il luogo dove si svolge questa vicenda è la fertile e verdeggiante pianura coltivata a risaie, che si estendono per chilometri e chilometri, nel comune di Trino in provincia di Vercelli.
Qui nella desolazione delle colture, spezzata di tanto in tanto dalle architetture maestose di bellissime cascine, sorge l’antico Principato di Lucedio, il cui nome è stato associato, ma senza alcuna prova etimologica irrefutabile, al biblico “portatore di luce”, ovvero Lucifero. Lucedio oggi è un monastero ormai da tempo sconsacrato, la cui lunga storia sbiadisce tra le nebbie e vapori che avvolgono la regione durante le interminabili stagioni umide.

Edificato nel 1123 tra paludi poco ospitali per volontà di Ranieri marchese di Monferrato il monastero fu retto da monaci cistercensi. L’operosa comunità diede avvio una bonifica delle terre paludose e, sfruttando tramite un sistema di canali canali la gran quantità d’acqua di cui è ricca la regione, si dedicò alla produzione del riso che caratterizza tutt’oggi il territorio vercellese.
Durante la quarta crociata, terminata nel 1204 con il saccheggio di Costantinopoli, Bonifacio, allora marchese di Monferrato, condusse quali prigionieri l’imperatore bizantino Alessio III e sua moglie Eufrosina proprio a Lucedio. L’imperatrice morì qui e qui fu sepolta, forse insieme al giovane figlio che l’accompagnò nel suo triste destino. Purtroppo non si conosce esattamente il luogo dove fu collocato la sepolta regale: alcuni pensano si trovi nei sotterranei dell’abbazia di Santa Maria di Lucedio, altri nella limitrofa chiesetta di Santa Maria delle Vigne, la quale si dice sia collegata da tunnel al complesso monasteriale. Da questa vicenda probabilmente scaturì la leggenda della cosiddetta regina di Patmos, la quale, fuggita nei boschi, infine si uccise per liberarsi delle pressanti attenzioni del padre.
Una notte del 1684 poco più a Nord di Lucedio, nel cimitero di Darola, si tenne un sabba, il quale attirò nella regione le maliziose attenzioni di alcune volontà demoniache, i quali indussero le novizie del vicino convento di Trino a sedurre i monaci, che compiacenti non si sottrassero alle lusinghe, inaugurando in tal modo un capitolo di turpe decadenza morale, che raggiunse i suoi toni più acuti nelle angherie perpetrate ai danni della popolazione locale nelle sale della tortura di Lucedio. In seguito la presenza demoniaca venne domata e rinchiusa nelle cripte del monastero e a completamento del rituale furono posti i corpi mummificati di quattro monaci quale estremo sigillo contro il male. Di tale rituale potrebbe costituire un singolare indizio il dipinto posto all’entrata della chiesa di Santa Maria delle Vigne.
Esattamente un secolo dopo quel nefasto avvenimento Papa Pio VI soppresse l’abbazia adducendo come causa la depravazione e la degenerazione che ormai si erano insinuati a Lucedio distogliendo i monaci dalla loro missione. Le terre allora furono confiscate e i monaci dispersi, ma ancora oggi non sembrano cessare gli strani e a volte drammatici eventi che hanno reso una nefasta fama al luogo. Esistono tetre filastrocche che narrano della presenza del demonio e a queste si aggiungono le soprannaturali visioni accompagnate da agghiaccianti rumori che gli abitanti del luogo affermano di percepire durante le ore notturne.

Il complesso ha le caratteristiche di un monastero fortificato è arricchito di due chiese, più dormitori, le prigioni ed una sala capitolare: il tutto ancora ben conservato. E’ proprio la sala capitolare ad aver attirato l’attenzione delle cronache, poiché al suo interno si trova la colonna che piange, ovvero una colonna in pietra porosa che trasuda acqua contenuta in falde sotterranee per semplice capillarità. Si badi che tutte le colonne della stanza sono del medesimo materiale, ma soltanto una ha questa caratteristica, fatto che ben si attaglia alla diceria secondo la quale una delle colonne della Stanza del Giudizio sigillava un ingresso dell’inferno. Intorno agli anni ’60 un’opera DI RESTAURAZIONE del complesso venne interrotta a causa di un crollo che causò la morte di un' operaio proprio quando i lavori interessarono le cripte: coincidenza questa assai strana. Durante il periodo delle riprese effettuate sul luogo dalla Fox Channel, che dedicò un servizio a Lucedio, un uomo morì di infarto mentre passeggiava nelle vicinanze. Fatto in realtà privo di alcun collegamento con Lucedio, ma che diventa coincidenza se si considera, insieme alla precedente fatalità, come l’interesse diretto per questo monastero si accompagni a tragici incidenti.
Qualche centinaio di metri a Sud di Lucedio si trova una chiesa solitaria immersa nel fitto degli alberi: questo è il santuario della Madonna delle Vigne. Sullo stipite dell’ingresso campeggia un affresco raffigurante un organo a canne e poco più in basso uno spartito; lo strumento e le note necessarie per eseguire un’aria dalle valenze esoteriche. Stando ai racconti popolari questo brano avrebbe avuto il potere di imprigionare il male nel luogo, ma se suonato al contrario lo avrebbe liberato. Perché mettere così in evidenza quella che era la chiave per risvegliare le forze segregate?
Studi recenti effettuati sullo spartito hanno dimostrato che questo può essere suonato anche al contrario, in quanto le prime note rappresentano una chiusura tipica nella prassi esecutiva dei brani liturgici. Forse sotto le note, si pensa, sia celato un testo criptato il cui significato non è purtroppo (o per fortuna?) di facile accesso.

fonte-->http://enightmare.it/category/luoghi/page/10
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